
L’abito bianco, l’organo che suona, l’emozione che si legge negli sguardi. Il matrimonio è il sogno di molti, ma è meglio sposarsi o convivere? Il dilemma sorge spontaneo tra le tante coppie che decidono di mettere su casa assieme. Nella scelta il fattore fondamentale è ovviamente quello che riguarda il modo di vedere il rapporto, ma talvolta contribiscono anche altri aspetti che è doveroso conoscere.
Diciamoci la verità: due cuori e una capanna è quanto di più romantico si possa desiderare ma non è fattibile nella realtà. Nella realtà sorgono tutta una serie di questioni che spaziano dal: di chi è questa capanna al chi paga le bollette della capanna?
E’ quindi bene, prima di decidere se sposarsi o convivere, vagliare tutti gli aspetti legali e non.
La convivenza e l’unione civile
In primis occorre differenziare tra convivenza ed unione civile. I due stati sono accomunati dalla stabile convivenza e dall’esistenza di un progetto di vita in comune, analogo a quello che caratterizza la famiglia legittima.
I conviventi di fatto sono due persone maggiorenni unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale, non vincolate da rapporti di parentela, affinità o adozione, da matrimonio o da un’unione civile. Per accertare lo stato di “stabile convivenza” si deve fare riferimento alla dichiarazione anagrafica.
Ci sono determinate situazioni che garantiscono ai conviventi i medesimi diritti dei coniugi.
Questo avviene in caso di arresto di uno dei due, in caso di malattia o di ricovero.In questi casi i conviventi di fatto hanno gli stessi diritti previsti per i coniugi e i familiari: il diritto reciproco di visita, di assistenza e di accesso alle informazioni personali.
Il convivente di fatto può delegare l’altro e designarlo con poteri pieni o limitati sia in caso di malattia che comporta incapacità di intendere e di volere, che per le decisioni che riguardano la salute, che in caso di morte,(donazione di organi, modalità di trattamento del corpo, celebrazioni funerarie).
L’unione civile è formata da due persone maggiorenni dello stesso sesso che, di fronte all’ufficiale di stato civile, in presenza di due testimoni, hanno reso apposita dichiarazione.
Vantaggi e svantaggi del matrimonio
Tralasciando l’aspetto romantico, i regali della lista di nozze, pranzo e viaggio, nel matrimonio ci sono pro e contro. Il matrimonio, rispetto alla convivenza, tutela maggiormente eventuali figli: al momento della nascita, senza necessità di un formale riconoscimento, il figlio acquisisce in automatico il cognome del padre.
Con il matrimonio, la coppia entra in automatico nel regime della comunione dei beni, a meno che, al momento delle nozze o anche successivamente, opti per la separazione dei beni.
Ciò significa che quello che viene acquistato durante il matrimonio, appartiene ad entrambi.
In caso di separazione, al coniuge con un reddito più basso è garantito da un assegno di mantenimento e, dopo il divorzio, da un assegno divorzile, alla tassiva condizione che dimostri di non potersi, suo malgrado, procurare il necessario per vivere.
Si tratta di un deterrente al matrimonio per chi percepisce il reddito e si sente poco tutelato dalla prospettiva di doverlo dividere con l’ex coniuge.
Marito e moglie sono in modo esclusivo eredi l’uno dell’altro, inoltre tra i coniugi vale la regola della successione nel Tfr del coniuge defunto da parte di quello superstite, che non vale per le coppie di fatto. Idem per la pensione ai superstiti, ossia alla dire la reversibilità della pensione che tutela il coniuge superstite in caso di decesso dell’altro ma non tutela il convivente.
Per ciò che concerne la casa, nel caso di morte di uno dei due coniugi, se lo stesso è proprietario della casa, l’altro vanta il diritto di abitazione, e non può essere sfrattato dagli altri eredi.
Tra le coppie non sposate questa regola non vale: il convivente superstite ha il diritto di continuare a vivere nello stesso immobile per due anni, se il periodo della convivenza è superiore a due anni, allora può restare per il periodo pari alla convivenza per un massimo di cinque anni.
Il principale svantaggio del matrimonio è il rischio di affrontare le spese di una separazione e di un successivo divorzio. Questo comporta, oltre le spese legali, anche spese che possono perdurare per sempre: l’assegno di mantenimento, ad esempio. Al momento del pensionamento, l’ex coniuge può rivendicare il 40% del Tfr maturato durante il periodo nel quale la coppia è stata sposata.
Sotto un profilo fiscale il matrimonio considera la coppia come un unico nucleo, quindi, alcune agevolazioni possono essere godute una volta per nucleo (ad esempio bonus prima casa, esenzione imu)
Vantaggi e svantaggi della convivenza
I vantaggi della convivenza sono soprattutto la conseguenza dell’assimilazione delle coppie di fatto a quelle sposate, consacrata con la legge Cirinnà.
Chi sceglie la convivenza ha la garanzia di poter stipulare un patto di convivenza ed è conscio che, per quel che concerne i figli, non avrà differenze con il matrimonio.
In caso di separazione, entrambi i genitori devono concorrere al mantenimento dei figli sino alla loro indipendenza economica.
Tra conviventi, non c’è il rischio che i debiti dell’uno si trasferiscano all’altro in quanto il regime di comunione dei beni è valido solo per le coppie sposate.
Il vantaggio maggiore della convivenza è permettere alla coppia di conoscersi meglio prima di un eventuale matrimonio, senza avere, in caso di separazione, ripercussioni patrimoniali o legali.
Tra gli svantaggi della convivenza c’è il fatto dinon poter adottare figli a meno che non si tratti di una convivenza di lunga durata con impegno del matrimonio. Inoltre il parter con reddito più basso, in caso di fine del rapporto, non sarà in alcun modo tutelato.
Matrimonio, unione civile, convivenza: differenze
Che differenze ci sono tra matrimonio, unione civile e convivenza?
Le differenze sono tante, a partire dalla definizione, passando per il lato economico e previdenziale.
Il matrimonio è così definito dall ’articolo 29 della Costituzione “ordinato sull’uguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell’unità familiare”. Si può contrarre solo da persone di sesso diverso.
L’Unione civile è una «specifica formazione sociale» tra persone dello stesso sesso
La convivenza di fatto è formata da una coppia formata da “due persone maggiorenni unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale, non vincolate da rapporti di parentela, affinità o adozione, da matrimonio o da un’unione civile”.
Anche la ritualistica è diversa per questi stati. Per il matrimonio sono previste le pubblicazioni e possono esserci quindi delle opposizioni. L’unione civile si costituisce nel momento in cui i due coniugi presentano una dichiarazione all’ufficiale di Stato Civile alla presenza di due testimoni.
Per il matrimonio devono essere “recitate” delle formule particolari, non previste per le unioni civili. L’ufficiale di Stato Civile si occuperà di compilare un certificato all’interno del quale verranno inseriti dati anagrafici (della coppia e dei testimoni), residenza e regime patrimoniale.
Le coppie che vogliono regolamentare la convivenza davanti alla legge devono presentare apposita richiesta di iscrizione all’anagrafe. Uno dei due partner deve inoltre trasmettere il modello di dichiarazione di residenza (firmato da entrambi), precisando che si tratta di una convivenza per vincoli.
Per quel che concerne il patrimonio, matrimonio e unioni civili sono equiparati, il che significa che le coppie unite civilmente saranno soggette automaticamente al regime di comunione dei beni, tranne nel caso in cui non indichino una scelta diversa. In entrambi i casi è previsto l’obbligo di contribuire ai bisogni comuni e il diritto di successione.
Il contratto di convivenza è invece previsto per i conviventi che intendono regolamentare i loro rapporti patrimoniali.
Le coppie sposate e unite civilmente godono dello stesso trattamento fiscale e previdenziale mentre per ciò che concerne i conviventi, non è previsto alcun legame previdenziale.
Coppie sposate, unite civilmente e conviventi godono dello stesso trattamento per le graduatorie relative all’assegnazione di alloggi di edilizia popolare.
Nelle coppie sposate, la moglie mantiene il proprio cognome da nubile, anche se è possibile aggiungere nei documenti ufficiali la dicitura “coniugata con”. I partner uniti civilmente se decidono di assumere un cognome comune devono presentare una dichiarazione. I conviventi mantengono ognuno il proprio cognome. Per le Unioni Civili non è previsto l’obbligo di fedeltà previsto per il matrimonio.
Diversamente che per le coppie sposate, i coniugi uniti civilmente non dovranno rispettare il periodo di separazione, ma potranno accedere direttamente al divorzio. I partner che convivono non dovranno affrontare alcuna procedura tranne nel caso in cui hanno sottoscritto il contratto di convivenza per disciplinare la propria situazione patrimoniale: in tal caso dovranno presentare un atto scritto per richiederne il recesso, unilaterale o di comune accordo.
Cosa scegliere?
Nel momento della scelta di fare il grande passo, ossia iniziare un percorso insieme, sotto lo stesso tetto, si è certamente innamorati e tutte queste norme sembrano quasi oscurare il lato romantico della storia d’amore. Eppure si tratta di aspetti che è sempre bene analizzare. Quando si hanno dei dubbi, anche minimi, è sempre meglio optare per una convivenza. Il fatidico si davanti all’altare è bene che si riservi alle coppie testate, per sposarsi si è sempre in tempo ed è meglio farlo quando si è sicuri, anzi sicurissimi.